UN PO' DI ME,TANT0 DI PALUSCI

Publié le par Rizziero PALUSCI

Pates.jpg                  UN PO’ DI ME, TANTO DI PALUSCI. PALUSHI....

                                                    (  Ovvero, da dove vengo ?)

 

 

Oggi, nel 2012, abito Brest e vivo con Nicole.

 

Gli avvenimenti internazionali che hanno segnato la mia vita dalla nascita ad oggi, sono :

 

-          I giochi olimpici di Roma nel 1960,

-          Nel 1969, il primo passo sulla luna,

-          L’attentato del 11 Settembre 2001 a New York.

     Tra questi tre avvenimenti, sono accadute molte cose nella mia vita professionale o famigliare. Posso dire che ho avuto una vita movimentata, e la storia non è ancora finita………..

 

Mi sono messo in cerca dell’origine del cognome PALUSCI, cognome di mio padre, di mio nonno che ho incontrato una volta, a La Croix Falgarde, vicino a Tolosa, avevo meno di dieci anni.

 

Sono nato in Italia, nel 1947, e, in tenera età, sono emigrato in Francia con i miei genitori insieme ai miei fratelli e sorelle. Mia madre, Dora, ha avuto tredici figli. Mio padre ha lasciato l’Italia dopo la 2° guerra mondiale, certamente per ragioni politiche (Beatrice, una sorella deceduta, era nata di razza ariana a Pescara, il 02/10/1944).

 

Nel 2009, mi sono deciso a scavare negli archivi per conoscere il percorso di questo cognome e di tutta la tribù dei PALUSCI. Sono contento di portare questo cognome e accetto il passato di tutti miei antenati.

 

In Italia, principalmente negli Abruzzi, si ritrova l’origine de questo cognome intorno al 1500-1550 circa, particolarmente a Bisenti, Città S. Angelo, Pescara, Chieti, Pianella, San Valentino, Manoppello,  Arsita, Teramo, Basciano, Castiglione, Orsogna, Picciano, Moscufo, Crecchio, Penne, Elice,………………

 

Sono andato a scavare nei archivi di Stato, a Pescara, Chieti e Teramo, nelle chiese e nei comuni di diversi paesi. Ho potuto constatare per prima che i luoghi di vita più vecchi d’Italia, si ritrovano nei dintorni di Loreto Aprutino e Bisenti,  nel 1650 circa.

 

Per queste ricerche, sono stato aiutato dal parroco di Bisenti, Don Raffaele Di GIACINTO. Certi testi sono stati tradotti da Angelo Di SAVERIO di Roma ma nato a Bisenti. (Sua nonna portava anche lei il cognome PALUSCI).

 

Per merito di Giovanni PALUSCI di Pianella e la sua famiglia, ho potuto accedere ai registri della chiesa di Pianella.

 

Il parroco di Città S: Angelo, Don Paolo CURIONI, mi ha lasciato consultare numerose opere, a più riprese, e quando si assentava, mi chiudeva a chiave nel presbiterio per molte ore, affinché consultassi queste opere.

 

Lo storico Massimo D’ARPIZIO, di  Città S. Angelo, mi ha fornito delle informazioni sui PALUSCI.

 

A Pescara, Franca Delle Lenti, mi ha fornito delle informazioni sui matrimoni dei PALUSCI avvenuti a Pescara.

 

Franco EVANGELISTA, ufficiale di stato civile del comune di Loreto Aprutino, mi ha fornito delle informazioni.

 

Paolo De CAROLIS, professore e giornalista, il cui padre Lamberto ha scritto un libro su Bisenti, mi ha incoraggiato.

 

E’ vero che i PALUSCI sono espatriati per ragioni economiche, politiche o sociali verso gli Stati Uniti, probabilmente alla conquista dell’ovest, nel Colorado, in Arizona, soprattutto alla ricerca dell’oro, prima della 1° guerra mondiale, dopo la 2° e ancora ai giorni nostri.

 

Quelli che sono andati in America, si sono imbarcati a Civitavecchia (Roma) o a Napoli.

 

Dopo la 2° guerra mondiale, certi son partiti per l’Argentina, il Canada, ecc.,……..

 

In  Europa, la Francia, il Belgio (dove hanno lavorato nelle miniere) e la Germania sono stati i paesi d’accoglienza.

 

In Francia, si sono fermati a Tolosa, St. Etienne e nell’est del paese.

 

In Italia, PALUSCI non è un cognome di origine italiana (ipotesi raccolta su posto).

 

In Francia, giovanissimo ero di origine italiana e, ancora oggi, persino dopo la caduta del muro di Berlino, questo cognome era, talvolta, assimilato ad un’origine polacca.

Ho potuto fare queste ricerche grazie agli archivi della Chiesa Cattolica Italiana che ringrazio vivamente.

 

Sono stato fortemente commosso di scoprire dei vecchi manoscritti con il cognome PALUSCI scritto talvolta con una calligrafia attuale, talvolta quasi illeggibile con una “S” lunga.

 

Quando si riflette bene, queste raccolte d’informazioni di battesimi o di matrimoni rappresentano una piccola parte della popolazione dei PALUSCI ; in quanto sono avvenute numerose adozioni nel passato a seguito di decessi, epidemie e altro…………..

 

Immagino la vita nel XVII°/XVIII° secolo, delle famiglie PALUSCI  che lavoravano la terra o erano pecorai, vita scandita dal sole o dal suono delle campane delle chiese. Questo mi attrista d’immaginare questo tipo di vita, poiché la religione cattolica aveva il potere assoluto sulla vita sociale degli abitanti.

 

Dopo di che, certi sono diventati proprietari terrieri. Si nota, anche, che altri erano commercianti, artigiani, mugnai, pizzaioli (Zopito, 1770), notai (Nicola Antonio, 1680) a Città S. Angelo e a Pescara, preti (Don Giacomo, nato nel 1835 e citato da Gabriele D’Annunzio, poeta di Pescara), Don Domenico e Don Stefano di Bisenti, religiose (suor Maria),…………..(“Bisenti “di Lamberto De CAROLIS):

 

E’ probabile che il notaio abbia avuto una “carica reale”, e da questo lato, i PALUSCI hanno fiancheggiato la monarchia e, certi hanno ottenuto dei vantaggi per l’attribuzione delle terre.

 

Ai giorni nostri, sono operai, coltivatori (olio di olive, ecc.,…), vinicoltori, commercianti, artigiani, insegnanti, funzionari di polizia, dirigenti d’impresa, artisti, sportivi, medici, parrucchieri, piloti di linea, musicisti, militari, scrittori,…………..

Si sono perfettamente integrati nella società, qualunque sia il paese dove vivono.

In Italia, nel 2008, essere albanese non era visto di “buon occhio”, è vero che l’immigrazione albanese nel sud del paese, aveva suscitato episodi contradditori.

In Francia, mi sembra nel 2005, avevo visto un reportage sull’Albania: questo paese mi era sconosciuto anche geograficamente, malgrado la mia vita di Globe-trotter.

Avevo saputo, tramite un mio nipote, Sébastien PALUSCI, che il cognome PALUSCI poteva derivare dall’Albania  l’aveva saputo, a sua volta, da uno dei suoi professori.  In Italia, Luciano PALUSCI mi aveva indicato, anche lui, che esistevano dei PALUSHI in Albania.

Nel 2008, mi sono recato in Albania, per un giorno, per “vedere” il fisico degli albanesi in rapporto a quello degli italiani. Mi sono imbarcato a Brindisi per Vloré. Sono stato piacevolmente sorpreso di trovare un paese giovane, in piena evoluzione edilizia, un popolo sano, bello e, dentro di me pensavo che fosse possibile che si venisse dall’Albania.

Nel 2009, tramite Face Book, ho scoperto la comunità dei PALUSHI, che è  numerosa, perfino più numerosa della comunità abruzzese, e più numerosa anche su Face Book par rapporto a quella italiana.

Le mie conclusioni : è un popolo giovane che accetta le nuove tecnologie, e che è pieno di energia “da vendere”.

Sempre tramite Face Book, ho fatto la conoscenza di Merita PALUSHI, insegnante in Albania. Mi ha spiegato che il cognome PALUSHI ha delle declinazioni diverse: PALUSHAJ o PALUSHANI.

Sembrerebbe che il cognome PALUSH sia evoluto in PALUSCI come il caso di Antonio GRAMSCI, fondatore del Partito Comunista Italiano, i cui bisnonni erano originari di Gramsh in Albania.

Un professore della Sorbone (Parigi), G. BONNET, ha scritto quanto segue :                                                       >>>La differenza ortografica tra i cognomi espressi in lingue diverse e che hanno, anche, convenzioni ortografiche diverse, non vietano l’identità.<<<                                                                                                                     Prima di tutto è oralmente che i cognomi dei rifugiati - (eventuali albanesi installati negli Abruzzi nella fine del XV° secolo circa per sfuggire all’occupazione ottomana e, di conseguenza all’islamizzazione ; questa emigrazione è conosciutissima)- sono stati conosciuti, poi ortografizzati sui registri parrocchiali italiani in occasione di battesimi, matrimoni o decessi ; a quel tempo, possono essere stati ortografizzati in italiano, tale ortografia sarà diventata “officiale” col tempo: E’ dunque fortemente probabile che i PALUSHI albanesi e i PALUSCI italiani (la pronuncia è uguale) siano dei lontani parenti.                                                                             Quanto agli altri italiani : PALUSCIO o PALUSCHI  possono portare lo stesso cognome albanese ma, sformato in diversi modi. Quanto ai PALUSI delle isole Salomone, la probabilità è quasi nulla.

Due parole infine, sull’etimologia albanese di  “PALUSHI” (questa parola non ha niente d’italiano).

PAL : è la forma albanese del nome “PAOLO” (derivato dal latino) ;

USH: è un elemento suffissale molto comune nei Balcani ;

I : è un marcatore nominale classico (che sembrava indicare all’origine la appartenenza ad una tribù, di cui questa forma sarebbe un anziano collettivo).  Una ricostituzione possibile sarebbe :  “Quelli della casa di PAOLO” o “Quelli della chiesa San PAOLO”.  PAL è un nome tipicamente cattolico in Albania, si ritrova nelle montagne dell’estremo nord (addosso del Montenegro) e, in data antica, probabilmente in un terzo del nord del paese.

Ricerco par quali mezzi i PALUSHI sono passati dall’Albania all’Italia.

Con la nave : da quale porto albanese sono salpati e in quale porto italiano sono sbarcati tra il 1468 e il 1534 ? e dopo si sono raggruppati negli Abruzzi, quasi alla stessa altitudine dell’Albania.

Sto consultando delle opere del prof. Alain DUCELLIER e, principalmente “I cammini dell’esilio” nelle quali evoca i movimenti migratori nei Balcani a quell’epoca.

Mia moglie, Nicole, ha partecipato attivamente all’elaborazione degli alberi genealogici che abbiamo ricostituiti. A tutto oggi, ne abbiamo un centinaio per l’insieme dei PALUSCI di tutto il mondo. Sono numerati da 1 a 100, senza che il numero rifletta una qualunque cronologia e, censiscono più di 1.000 PALUSCI, dal 1631 ai giorni nostri.

Nell’Agosto 2009, sono ripartito per l’Albania, per incontrare di nuovo Merita e la sua famiglia. Con molta cortesia mi hanno ospitato e  aiutato nelle mie ricerche.

Lo scopo di queste ricerche è di pubblicare, per le generazioni a venir, uno studio non ancora effettuato.

In Albania, ritornerò prossimamente con degli archeologi, per eseguire delle ricerche nel villaggio PALUSH, citato di seguito, a fine di stabilire con dei mezzi di analisi scientifici attuali, la data d’arrivo dei primi abitanti.

A Budakova, villaggio del Kosovo, esiste un quartiere chiamato Palush, dove un tempo, si erigeva una chiesa “Chiesa San Paolo” della quale rimane solamente le fondamenta sotterranei.

Un commento  di Merita PALUSHI (agosto 2009) che abita insieme alla sua famiglia a Stajke, vicino a Shkodër, e tradotto dall’albanese dalla moglie dell’ambasciatore d’Albania in Svizzera :

Da dove vengo ? Chi sono ? Dove vado ?

Tre domande che mi fanno riflettere, per conoscermi meglio : Ma io, mi  conosco veramente ? Tutte le persone si fanno queste domande ? E’ cosi importante la nostra identità ? O il mondo attuale vuole solamente vivere il presente ?

Tuttavia, il presente si incatena ad altri momenti, formando cosi la nostra vita.

E la nostra vita, ha anche lei altri anelli di una vita passata, o di una vita futura ?

E le domande formano una lunga carovana di uno viaggio immaginario.

Ma la nostra vita e la nostra identità devono, solamente, restare  un lungo viaggio immaginario, dove nessuno può dare una risposta alla nostra immaginazione ?

E giustamente, è necessario che questo viaggio immaginario diventa un viaggio tangibile, reale, dove la storia ed i fatti possono parlare realmente del passato e del presente, dove non dobbiamo essere un punto interrogative, ma un soggetto che si sviluppa.

Ecco, so benissimo che non è facile arrivare alla realtà, che non è facile cercare e trovare nel passato, che non è facile prevedere il futuro……. Ma dobbiamo restare sempre con le braccia incrociate su questo cammino facile, pallido e senza luce, che non ci permette di vedere al di là dei nostri passi ?

E’ stato con Rizziero PALUSCI, uno strano personaggio, alla ricerca delle sue origini, conosciuto su Face Book, che siamo andati nel villaggio Palush, del quale ignoravo l’esistenza.

Il nostro viaggio prende, questa volta, il cammino che porta a questo villaggio dal nome Palush.

Non è un viaggio immaginario ma reale, difficile ma attrattivo, affascinante per la sua natura e la sua bellezza. Una nuova esperienza, una nuova strada sconosciuta che ci porta dai PALUSHI del villaggio Palush.

Eravamo partiti con il mio cugino Albi, in Mercedes. Rapidamente, le strade sono diventate impraticabili, ed ero molto inquieta per la macchina, poiché le carreggiate erano importanti e il di sotto dell’automobile toccava ogni tanto il terreno.

La strada verso il villaggio Palush era lunga. Eravamo obbligati di procedere a passo d’uomo, talvolta era attraversata da ruscelli. Avrei voluto ritornare in dietro, ma Rizziero mi spingeva a continuare.  Anche lui ha preso il volante.

Dopo più di 3 ore di strada in cattive condizioni, abbiamo preso la decisione di fermarsi, ma Rizziero ha insistito per andare avanti e, siamo ricorso, allora, ad un “taxi-bus” locale, dello stesso genere di quelli che avevamo incrociati a più riprese. In queste condizioni abbiamo raggiunto Palush. Il “tassista” si chiamava PALUSHI !

E’ molto interessante segnalare che nel villaggio di nome Palush, vivono delle famiglie che hanno tutte il cognome di PALUSHI. Questo villaggio era costituito, in origine, di settanta case.

Al di fuori del disegno originale dell’aspetto delle montagne che circondano il villaggio, lì, abbiamo trovato la buona volontà della gente a offrirci aiuto e ospitalità nell’accoglierci come dei parenti. Si vedevano chiaramente la loro generosità, il loro buon cuore, e questo, in qualunque casa, ma soprattutto, in quella del più anziano di tutti loro, Sadri, che ci racconta, con grande piacere, la storia del villaggio e della famiglia PALUSHI.

Sadri è il primo abitante che abbiamo incontrato. Si trovava in mezzi ai campi, a falciare il fieno,  quest’uomo è stato molto caloroso, ci ha fatto visitare la sua casa, ci ha mostrato la casa più antica di Palush, ci ha fatto visitare il cimitero, dove Rizziero ha potuto scattare delle fotografie.

Sadri pensava che il primo  uomo che era venuto in questo villaggio, si chiamasse Pal, e veniva da Mirdite, si era installato lì, e questo luogo aveva preso il suo nome diventando Palush. Sadri racconta che dopo Pal, suo figlio si converti alla religione musulmana a causa del giogo ottomano in Albania. Cosi, il figlio di Pal si chiamò Fetah, poi le generazioni che seguirono presero i nomi di Halil, Fatf, Shaip, Rraman, Rrahim, Sokol.

Un altro avvenimento, non meno interessante è raccontato anche al villaggio Stajke, che era popolato da molte famiglie con il cognome PALUSHI.

I PALUSHI di Stajke raccontano che i loro primi antenati avevano lasciato il Kosovo perché non volevano che i loro figli cambiassero religione e costumi.

Durante il loro lungo viaggio, sembra che siano rimasti a lungo a Kukes (Albania), e sempre alla ricerca dii sicurezza e di buone condizioni di vita, hanno viaggiato fino a Shodër e, si sono installati in un villaggio chiamato Spathar.

Lì, hanno costruito una casa, ma dopo avere costruito una chiesa e, questo nello XV° secolo. La storia racconta che in questa chiesa fu coronato il matrimonio del nostro eroe nazionale Geosges KASTRIOT (Skönderbeu).

Molti PALUSHI sono sepolti vicino alla chiesa, come i miei avi (Merita), ma sfortunatamente, al tempo della dittatura selvaggia e crudele che ha distrutto   ogni valore umano, la chiesa, di Vau-Dejes, monumento di cultura e di storia, fu distrutta fino ai suoi fondamenta dai diavoli rossi.

Si racconta che i discendenti della stirpe dei PALUSHI erano lavoratori e generosi. Lavoravano, guadagnavano bene la loro vita e, con i loro redditi comperavano dei terreni nei villaggi intorni. Pagavano sempre le imposte ai turchi, cosa che prova che erano ricchi, e che non si erano sottomessi all’invasore. Ed è in questo modo che riuscirono a proteggere, a tenere la loro identità e la loro religione cristiana.

Sono fiero dei nostri antenati. C’è una leggenda che narra la generosità dei PALUSHI :

Molto tempo fa, non si poteva attraversare a piedi, o par qualunque mezzo di trasporto dell’epoca, il fiume Drim, per andare a Shkodër, poiché non c’era nessuno ponte su quel fiume. Allora tutte le famiglie hanno scelto un rappresentante che possedeva una barca per trasportare quelli che ne avevano bisogno, dall’altro lato del fiume. Con le loro barche trasportavano persone, animali, merci……. Lavoravano tutti giorni lungo le rive del Drim.

Un giorno, una vecchia, brutta, coperta di stracci, voleva attraversare il fiume. Passa di barca in barca, provando a convincerli ad aiutarla, ma nessuno di loro vuole una vecchia, povera, senza soldi, la prendono anche in giro.

Fra tempo, PALUSHI si avvicina, prende la vecchia per mano e gli dice che la porterà dall’altra parte, anche se non ha di che pagarlo. Allora il rappresentante della famiglia PALUSHI fa accomodare con attenzione, la vecchia nella sua barca e la trasporta sulla riva opposta.

Si appretta a salutarla e augurarli buon viaggio, quando la vecchia lo ferma e gli chiede perché l’ha aiutata, lei che non aveva soldi per pagarlo quando gli altri non avevano accettato di farlo ?  Perché volevo aiutarti, farti un piacere. L’uomo deve sempre fare del bene, se può………! Bene, rispose la vecchia, anch’io posso farti un favore, un bene a tutta la tua famiglia, ai tuoi parenti stretti, ma prima di tutto, devi dirmi da quale famiglia discendi.

Dai PALUSHI, rispose il barcaiolo. Allora, sappia che sono la malattia del vaiolo, che ho fatto morire migliaia di gente e che, nessuno può guarire velocemente da me (era all’epoca una malattia incurabile e mortale). Ma ti dico che d’ora in poi, nessuno della famiglia PALUSHI sarà toccato da me. Mi hai insegnato che l’uomo deve fare del bene, adesso tocca me a farti del bene.

Si afferma che da allora, nessuno della famiglia PALUSHI è stato contagiato da questa malattia, e la leggenda è conosciuta anche oggi in tutti villaggi attigui.

In quest’anno 2009, secondo i racconti degli anziani, sono potuto risalire a qualche generazioni della stirpe della mia famiglia dei PALUSHI.

Il primo che è chiamato : Shtjefën PALUSHI

                                           Gjon PALUSHI

                                          Shtjefën PALUSHI

                                           Gjon PALUSHI

                                          Zekë PALUSHI

                                         Loro PALUSHI

                                         Martin PALUSHI

                                        Zef PALUSHI

                                       Anton PALUSHI

Lasciamo Palush in tutta fretta, ma con dispiacere sapendo che non ci ritorneremo mai cosi a lungo e, partiamo per il Kosovo percorrendo la nuova autostrada da poco aperta.

Il viaggio continua verso un altro luogo abitato dai PALUSHI, Budakova, villaggio nel quale abbiamo appuntamento per incontrare altri PALUSHI.

A Budakova (Kosovo), sul monumento ai caduti in guerra, (guerra dei Balcani destinata a ridare l’autonomia al Kosovo), figura undici PALUSHI  caduti combattendo.

Di  ritorno verso l’Albania, alla frontiera tra il Kosovo e l’Albania, siamo stati controllati  dalla polizia doganale da un certo….. PALUSHI. Il mondo è veramente piccolo!!!!!!!

Un commento raccolto da Kelvin Naser PALUSHI di Budakova, Kosovo:

“Budakova è un cent ro abitato, accidentato con delle abitazioni disperse. Si trova a circa 14 km di Therande, ai piedi dei monti Jezercë che si congiungono alla catena di montagne di Sharr. Si estende da 600 m sopra il livello del mare del quartiere Buzhalë, fino a 1.100 m del quartiere Hoxhët. E’ una delle borgate, di questo comune, che abbia un territorio, cosi esteso.

Questa contrada è molto antica, possiamo ritrovarci delle fondamenta archeologiche, come esempio: nel luogo chiamato Gurët e Lumës ci sono un cimitero e delle rovine, al Konaquest si trovano delle fondamenta di case, a Livadhi i Madh, ci sono le fondamenta della chiesa cattolica e Bunara la sorgente, dove si dice che il “clero” il loro capo, aveva nascosto il tesoro perché la popolazione aveva iniziato a islamizzarsi. Nella pianura, si trovano le rovine della chiesa, dove i contadini hanno recuperato delle anfore d’argilla, ecc., ……. Quasi tutte le micro-toponimie del villaggio sono in albanese.

Secondo la leggenda, il nome del villaggio deriva dal nome della persona che lo fonda e che venne per primo a installarsi in questa contrada, Buda de Jakov. La seconda supposizione dice che Budakovë significa “Grande Collina”. Oggi il villaggio è composto di nove quartieri: Buzhala, Palush, Sallauk, Caka, Kokollar, Buq, Bajraktar, Kololl dhe Hoxha.

Di questi quartieri, sette sono abitati dagli autoctoni, gli altri sarebbero arrivati dai dintorni di Pejë, come dei nipoti del villaggio. I nomi dei villaggi derivano dal nome di tre fratelli: Pal, Kolë e Zibë. Da Pal sono nati i quartieri di Palush e Buzhala; da Kolë i quartieri di Kololl e Kokollar e, da Zibë quelli di Sallauk, Bajraktar e Hoxhë, mentre i quartieri Buq e Cakaj sono venuti come dei nipoti.

Tutte le micro-toponimie sono in albanese e provano la loro anzianità, e ci lasciano capire che questi luoghi sono stati sempre abitati da albanesi, come per esempio: Kabija, Bjeshkëf e Taqit, Gurrët e Lumës, Sumbullari, Kungullari, Kacadeve, Lugu i Zanave, Varri i Kadisë, Bojgjakët, Ara e Fanës, Fusha e Gatë, Fushatetj.  A quando si sappia, dei Palushi nel Kosovo, salvo a Budakovë, ce ne sono molti nei comuni di Klinë e di Degan.

Ma  il più importante è che si è sempre detto che i primi PALUSHI sono nati a Budakovë, e non si dice mai che sarebbero venuti da un altro villaggio o di un’altra regione. I PALUSHI a Bukanovë, si ricordano che i loro antenati avevano costruito una chiesa vicino alle loro case, oggi distrutta, ma della quale si può trovare facilmente le basi.

 

Mercoledì  5 ottobre 2011  a Brest.

“Par quale mezzi i PALUSHI sono passati dall’Albania all’Italia

Con la nave, da quale porto albanese sono salpati, e in quale porto italiano sono sbarcati tra il 1468 e il 1534? Si sono raggruppati negli Abruzzi, quasi alla stessa altitudine dell’Albania”.

Questa domanda l’ho fatta a più persone, e nessuno, fino ad oggi, ha potuto o saputo rispondermi.

Tuttavia e per caso, dalle mie ricerche su Google, ho trovato un Johannis PALUSCI, appare su un atto stabilito all’epoca di Carlo VII° (stesso periodo di Giovanna D’Arco, guerra dei 100 ani), il 25 aprile 1440, in un testo scritto in latino, che mi è stato tradotto da Hélène DEBAX, Maestro di Conferenze in Storia Medioevale, dell’Università di Tolosa Mirail. Questa scoperta rimette in causa le date d’immigrazione

Questo documento è stato confermato e commentato dal Pro. Jacques POUMAREDE, professore di Storia del Diritto, Università di Tolosa 1 (10/09/2011).

“Il documento è tratto da un registro della Giurisdizione di Tolosa e copre il periodo che va dal 1436 al 1448, e che è stato pubblicato negli Annali del mezzogiorno (sud della Francia) (T.8- 1896-97)  dall’abate DOUAIS.

Si tratta di una lettera del Re Carlo VII (in fatto, redatta sul suo ordine e firmata in suo nome da un membro della cancelleria J. GARENNE) che autorizza Raymond COMTE negoziante a Tolosa, a ricorrere  in Appel  per  un giudizio reso dal Siniscalco di Tolosa (o il suo luogotenente).

Il Re permette a Raymond COMTE di fare citare i suoi avversari Guillaume De BERTUOLIS e l’avvocato Jean PALUSCI davanti ad una Camera del suo Parlamento (che all’epoca aveva sede a Parigi). La creazione del Parlamento di Tolosa risale al 1444.

Questo permette di evitare di portare gli Appelli dal mezzogiorno a Parigi.

Ma all’epoca del documento, 1440, ci si deve recare ancora a Parigi.

Quest’atto reale è indispensabile per un procedimento in corso, e si apparenta ad un privilegio, ma non fornisce informazioni sui motivi del processo : la causa del litigio è sconosciuta.

L’atto è stato redatto a Parigi ed inviato alla Giurisdizione di Tolosa  (il giudice è il rappresentante del Re a Tolosa); poi è stato registrato, per conservazione nei registri della Giurisdizione.

I personaggi in causa sono :

Raymond COMTE, il richiedente, è un negoziante di Tolosa. Se ne trova le tracce in altri documenti (da un estratto dell’opera dello storico Philippe WOLF, “Commerci e Commercianti”, “Commercianti di Tolosa, Parigi, Plon”, 1954 p. 290, nota 169). Fra l’altro, vendeva delle armature.

Quanto ai suoi avversari : Guillaume De BERTUOLIS e Jean PALUSCI, non conosco niente al loro riguardo per il momento.

Guillaume De BERTUOLIS è l’avvocato difensore al processo (intimato in Appel). Non appare nelle opere che ho sottomano, per quell’epoca. Sarà difficile saperne di più, poiché i registri parrocchiali di questa metà del XV° secolo sono molto lacunari. Era di Tolosa?

L’avvocato Jean PALUSCI: il suo titolato lascia capire che non era, può darsi, nemmeno graduato (titolare di un grado universitario, può darsi in Diritto), ma non abbiamo nessuna matricola studentesca tolosana prima del 1561.  

E’ presentato come un curatore di BERTUOLIS, che potrebbe dire “avvocato” (ma non si trova da nessun’altra parte nei registri  della Giurisdizione). Nello stretto senso della parola può essere incaricato di  assistere, nelle sue faccende BERTUOLIS, che sarebbe maggiore ma incapace giuridicamente.

 

   

Fine prima parte.

 

 

 

 

 

 

 

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